Thursday, August 10, 2006

GUN CLUB GRAFFITI ( with a live report directly from a 1984 fanzine




Quando ero un ragazzino e giocavo centravanti nel campionato "allievi "provinciale (quell'anno fui capocannoniere con 19 reti in 18 partite.., ero un gran figlio di ...alla Gerd Muller, nel senso che spesso per 80 minuti ero capace di non toccare una dannata palla che fosse una (anche perchè ero più svogliato di SOCRATES "O dotor" e del "Kobra" DARKO PANCEV messi assieme); ma alla prima occasione buona in area "punivo") ; ogni domenica mattina mi "concentravo" ,prima di andare al campo di "giuoco"(come direbbe Paolo Valenti) , ascoltando un pò di dischetti,...Along with CHESTERFIELD KINGS; HOODOO GURUS; LONG RYDERS; JESUS & MARY CHAIN , uno dei vinili che più mettevo sul piatto per "caricarmi" era "Miami" dei GUN CLUB; soprattutto l'esplosiva "Devil In The Woods" e "Bad Indian".
Perciò sono felice di presentarvi questo "special" GUN CLUB di Pasquale; con allegato un interessante live report d'époque inerente un gig dei GC del 1984 , in provincia di Bari, sorta di istantanea in b/n che ben fotografa , a mio parere,quello che era il personaggio "maudit" Jeffrey Lee Pierce.
(pictures taken from http://www.thegunclub.net/ )
Michele

INTRO
Dei Gun Club non parla ormai quasi più nessuno: magnifici 'losers' del rock&roll americano, praticamente emanazione di un 'loser' per eccellenza, il tormentato Jeffrey Lee Pierce, passato a miglior vita da molte lune.

I G.C. sono stati negli anni '80 i signori incontrastati del punk-blues, precorrendo tutta una serie di sporchi utopisti : Jon Spencer B.E....Bassholes...Gibson Brothers..Honeymoon Killers...che muovendo dalle loro intuizioni avrebbero dimostrato negli anni successivi che il matrimonio tra l'approccio offensivo e rumoroso del punk e la verginità delle radici da utopia poteva trasformarsi in febbricitante espressione artistica.
Il 1984 fu un anno cruciale per i Gun Club: pubblicarono uno dei loro album migliori(The Las Vegas Story ;di cui vi parlo in questo articolo) e suonarono ,tra l'altro, a lungo in Europa: non so come, ma grazie ad una coraggiosa associazione culturale barese capitarono anche nel nostro profondo sud, a due passi da casa mia!
Ho pensato che riproporvi la mia cronaca live di allora non fosse poi una così cattiva idea. Eccovi allora questo bruciante flash del passato...

"'Jeffrey Lee Pierce, biondo, figura tozza e corpulenta, cantante, compositore e chitarrista sui generis, guida i Gun Club da sempre, plasmandoli col suo carisma maledetto.
Spesso penso a lui quale erede legittimo di Jim Morrison, per il suo modo di fare poesia, per i suoi moduli vocali strazianti, cupi ma soprattutto per la sua sregolatezza esistenziale, che ha già fatto di lui agli occhi di molti un eroe negativo.....'"
Così scrivevo su un giornalino locale in occasione di un concerto tenuto dai Gun Club verso la fine del 1984 in un cinema in provincia di Bari.
Queste parole, forse un pò enfatiche, erano però scritte in preda all'eccitazione per un avvenimento eccezionale: l'esibizione di un gruppo che i quegli anni era idolatrato da me e da una ristretta ma fedelissima schiera di fans italiani e che attraversava un felicissimo momento creativo.
The Las Vegas Story, album ispiratissimo e maledettamente lirico sino all'ultimo solco, era uscito appunto in quel 1984 . Permettete che ve ne parli prima di passare alla "hot" materia ‘ live ‘ .
THE LAS VEGAS STORY
Dopo il disperato e.p. Death Party i Gun Club incidono quel quasi-capolavoro che risponde al nome di The Las Vegas Story, per l'Animal Records, prodotto da Jeff Eyrich.

Ed eccolo Kid Congo Powers, riunirsi al suo antico compagno, era nell'aria e meno male che il ricongiungimento è avvenuto, perché Kid é assolutamente selvaggio e funzionale, nel suo stile chitarristico, ai 'bad trips' di Jeffrey; il suo excessive feedback (come é definito nelle note di copertina) é a volte più efficace ed evocativo di qualsiasi solo tradizionale.
La produzione del 33 giri é magistrale, rendendolo (grazie ad una continuità notevole di atmosfere) l’epopea di un'America decadente e profondamente inquietante: Bad America, My Dreams, Give Up The Sun, Stranger In Our Town, sono monumentali elegie elettriche; epitaffi indelebili di un'anima pura, persa sullo sfondo degli anni del disagio reaganiano. Come dimenticare poi My Man's Gone Now, il blues di George Gershwin che inaugura la seconda facciata, con Jeffrey che sfodera uno swing insospettabile su un piano vibrante, una cosa molto vicina al trattamento che Nick Cave riserva da sempre al blues : lo definirei quasi ‘ dark-swing ‘. Disco fondamentale per capire la "Bad America" degli anni '80.

GUN CLUB LIVE-1984/Cineteatro Lombardi : Triggiano/Bari

Le voci circa il menefreghismo di Jeffrey Lee Pierce nei confronti del pubblico erano fondate: la prima parte della serata fu all'insegna del caos sonoro più sconcertante; Jeffrey, visibilmente fuori di testa (chissà di cosa!) se ne é fregato della tonalità di parecchi brani brutalizzandoli con il suo vocalismo svogliato ed occasionale, suonando la chitarra ritmica in modo disastroso...

Si direbbe che il biondo stravolto volesse svolgere apposta una massiccia azione di disturbo sulla ritmica sempre precisa di Terry Graham (drums) e della dark-lady Patricia Morrison (bass).
Anche le buone cose cose di Kid Congo Powers, chitarrista tutto effetti e feedback, Lui le ha coperte e rovinate con la sua mano pasticciona ed eccessiva!
Ma da personaggio lunatico ed imprevedibile quale Pierce é sempre stato all'improvviso ha lasciato perdere quel punkismo gratuito ed autocompiaciuto nel quale si era rifugiato 'totally stoned' e si é calato molto più attentamente e con giusta concentrazione nel feeling dei brani successivi, regalandoci delle versioni indimenticabili del classico "Sex Beat", di Cool Drink Of Water e intense e sofferte interpretazioni di Walkin' With The Beast, Stranger In Our Town.
Ma é stato con Jack On Fire che i Gun Club hanno dimostrato quella sera la loro grandezza on stage quando riuscivano......ad entrare in feeling e ad amalgamarsi: a luci spente ci hanno lasciato tutti col fiato sospeso, la ritmica inesorabile a scandire il blues voodoo misterico degli inizi del gruppo (Fire Of Love..); Kid Congo librava nell'aria ormai satura di vibrazioni tossiche i glissati della sua chitarra, lamenti ancestrali di bestia ferita, mentre Jeffrey nell'oscurità si aggirava per il palco recitando con enfasi il suo copione di dolore e di squilibrato alcolista... Devo dire che mi sconvolse: lasciata la chitarra, ha rantolato sul palco, gettandosi a corpo morto più volte tra le prime file; si é arrampicato sugli amplificatori, rimanendoci accovacciato come una pantera ferita...mentre guardava il pubblico minacciosamente, in procinto di lanciarsi da un momento all'altro.
Il suo approccio on stage era completamente fisico e tragico, di pura ascendenza morrisoniana, e riusciva a creare nell'audience reazioni molto contrastanti e violente.... Posso dire, per quanto mi riguarda, che si é trattata di una delle esperienze live più sconcertanti che io abbia mai vissuto...e rimarrà scolpita nella mia memoria in modo indelebile "
Pasquale Boffoli

p.boffoli@tiscalinet.it

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