reviews THE CHROME CRANKS , THE PREACHERS , THE DOGGS (by PASQUALE BOFFOLI)
CHROME CRANKS MURDER OF TIME (1993-1996) (Bang! Records-Goodfellas / 2009)
Che i Chrome Cranks siano stati una delle bands essenziali del punk-blues americano degli anni ’90 del trascorso millennio non mi stancherò mai di sottolinearlo.
La notizia della loro ricostituzione, fornitami da Peter Aaron lead singer e front-man del gruppo, ed avvenuta nel primo scorcio dei 2.000 mi ha riempito di gioia, alla stregua di un teenager.
Contemporaneamente ad alcune esibizioni i Chrome Cranks hanno dato alle stampe MURDER OF TIME (1993-1996), album antologico ad opera della piccola etichetta spagnola Bang Records.
Nel 2007 era uscito Diabolical Boogie (1992-1998), una doppia raccolta curata da Peter Aaron,di singles, demos e rarities davvero molto esaustiva: per fortuna Murder of time cerca nell’archivio Cranks in altre direzioni non doppiandone le scelte.
Ad esempio tra i 19 brani del disco ci sono quattro ‘live’ inediti: Lost Woman, cover degli Yardbirds, e le incendiarie Some Kinda Crime, Burn Baby Burn e Hit the sand che li riconfermano in quegli anni al massimo di una forma brutale e feroce.
Peter Aaron geme, strapazza le corde vocali e distorce le parole quasi ogni brano fosse l’ultimo della sua vita e volesse elargire le ultime energie rimastegli, sempre ricalcando i vocalismi dissonanti e sopra le righe di un Jeffrey Lee Pierce.
William Weber lancia le sue corde in una tempesta noise, sfiorando a più riprese le battute blues ma abbandonandole sempre fatalmente. Jerry Teel e Bob Bert assicurano una ritmica oppressiva e lucida.
Attendendo un loro nuovo lavoro si può lasciarsi avvolgere dalla disperazione strascicata di Heaven (Take me now), esaltarsi agli estremismi emozionali di Desperate Friend, stordirsi ai singhiozzi di We’re Going Down e alla furia cieca di Driving Bad.
www.myspace.com/chromecranks
www.bang-records.net
Voto: 8/10
Pasquale ‘Wally’ Boffoli
THE DOGGS E.P. (2009/No Front Theeth Rec.)
Risale al 1970 il lavoro più devastante degli Stooges di Iggy Pop, Fun House.
E’ stato detto in innumerevoli occasioni sulla stampa e dalla critica specializzata di quanta influenza Fun House (così come l’omonimo precedente The Stooges del 1969) abbia avuto sulle generazioni di rockers e punkers successive : credo che non ci siano dubbi di sorta in merito.
Non me ne vorrà quindi il giovane trio milanese dei DOGGS formatosi nel gennaio del 2009 se scrivo che i quattro brani di questo loro primo e.p., inciso appena tre mesi dopo, aprile 2009, sin dall’iniziale Underground Drain appaiono diabolicamente ed integralmente avvolti nel bozzolo ‘vizioso’ di Fun House, quasi a voler dimostrare di quali vibrazioni più di qualsiasi altre si siano nutriti nella loro pur breve esistenza.
Anche i successivi Kiss my blood, No lights ed Animal dispiegano un suono garage e punkoide tipicamente americano: Marco Mezzadri, bassista cupo e martellante, rincorre il vocalismo indolente e crudele di Iggy; Riccardo Bertin attraverso l’efficacissimo uso chitarristico del wah-wah fa sua l’antica lezione di Ron Asheton incarognendo sino allo spasimo il sound dei Doggs; Grazia Mele percuote le pelli con fare essenziale e metronomico, come è giusto in questo contesto.
Se il contributo di Pypa (Vermi) al farfisa organ è essenzialmente limitato ad Underground Drain ,quello al sax di Piergiorgio Elia (lo Steve MacKay dei Doggs) è ben più corposo e si ottimizza attraversando pacatamente, senza i deliri di Fun House, i quattro brani dell’e.p.
Rappresenta inoltre dal vivo un costante punto di riferimento per i Doggs.
Dall’inizio incerto di Underground Drain (‘….noi proveniamo dall’infido underground!) il suono, attraverso gli orgasmi sensuali di Kiss my blood e la corruzione strumentale di No lights raggiunge l’apice del caos controllato nella conclusiva Animal, chitarra e sax ad incrociarsi subdolamente: i rantolii allusivi di Marco colpiscono crudamente e nel finale i Doggs raggiungono quel parossismo che nei precedenti brani è più volte sfiorato.
Questo debutto del trio milanese colpisce davvero per intensità nonostante la notevole assuefazione e dipendenza estetiche di cui sopra, facendo altresì intravedere l’obiettivo di un sound più personale.
www.myspace.com/thedoggs69
Pasquale ‘Wally’ Boffoli
THE PREACHERS Preachin’ at psychedelic velocity ( Teen Sound Records)
Non tragga in inganno il titolo del nuovo lavoro dei Preachers, una delle bands neo-garage italiane più quotate. Non è certo la velocità a caratterizzare questi quasi 40 minuti (come nel caso del nuovo lavoro dei sardi Rippers) quanto una concezione del garage psichedelico densa e torbida che si profila sin dall’iniziale My darling e continua attraverso le seguenti Queen of the highway, Wild girl.
In primissimo piano l’ipnotico organo (e spesso il theremin) di S.K.A.I.O., la voce non esasperata, quasi meditabonda e viziosa di Bela Filosi.
Abbiamo a che fare con delle ballate fascinose, come Lovely girl, Sunny morning, You’ll never know avvolte in un fascino pensoso e doorsiano, con fulgido riferimento ai Doors di Strange Days.
L’altro grande punto di riferimento dei Preachers sono i Fuzztones, il cui mood fangoso e psichedelico emerge in questo lavoro in molte occasioni, quasi fossero i loro padri putativi:
Rudi Protrudi, mentore dei Fuzztones infatti appare puntualmente alla voce in Turn me out, collaborando alla sua scrittura e stringendo tra le due bands un patto di sangue.
Aggressivi e grezzi in She’s riding, oh! con la phantom guitar di Matt Cadillac in bella evidenza, i Preachers danno mostra di versatilità nello strumentale Intermission e nella fascinosa cover dei Moving Sidewalks 99th Floor, firmata Billy Gibbons (con armonica ruspante).
Meravigliose aperture melodico/armoniche, cori ispirati e poesia strisciante nelle liriche di Sunny morning, uno degli episodi più entusiasmanti di Preachin’ at psychedelic velocity, uno di quei magici momenti in cui la luminosa estetica sixties si prende una rivincita esaltante sui giorni tristi che viviamo.
Come nell’album precedente, Voodoo you love? (Teen Rec./2005) i Preachers riservano clamorose sorprese nei 6:30 dell’episodio finale del disco: Summer Rain , introdotto da accordi sinistri e premonitori valorizza il vocalismo luciferino di Bela Filosi prima di ‘allungarsi’ mefiticamente (con tanto di respiri ‘affannosi’) in un tetè-a-tète psichedelico organo-theremin fradicio ancora una volta di Fuzztones e dei ‘giorni strani’ di Jim Morrison e c.
Summer Rain è importante perché dilatata e tortuosa com’è, rispetto al resto del lavoro, diventa subito memorabile e dimostra come i Preachers, se solo lo vorranno, si inerpicheranno per sentieri espressivi sempre più allucinati, nel solco ‘storico’ del garage e della psichedelia più puri ed inquietanti.
www.the-preachers.net
www.myspace.com/thepreachersit
Pasquale ‘ Wally’ Boffoli
p.s. : in allegato il flyer del concerto dei NO STRANGE al caffè Basaglia di torino per la festa dei 30 anni della gloriosa TOAST records
Mich.